Don Milani NEWS 360

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I.C.Don Lorenzo Milani
Plesso Leonardo

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Don Milani NEWS

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N°1 – del 31 marzo 2020

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Covid-19

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Un filo conduttore oltre l’emergenza

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Editoriale

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Dott.ssa
Anna Maria Celso

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Carissimi lettori,

quando un genitore mi ha proposto un Giornalino per rimanere in contatto e dare dei messaggi a tutta la comunità scolastica, ho pensato che –superando gli sforzi organizzativi- sarebbe stato bello sentirsi e raccontarsi.

D’altronde un Giornalino era già nei Progetti di alcuni docenti della Secondaria; ed è infatti con il loro contributo che apriamo la nostra Redazione e la nostra prima pubblicazione.

Questa dimensione di isolamento non ci appartiene: non è degli esseri umani e  tanto meno  dei ragazzi  che crescono e apprendono  nella relazione con gli altri, adulti e pari che siano.

La scuola il contatto lo cerca, l’ha messo in campo con determinazione e forse qualche errore e lentezza, ma con costanza e impegno nel richiamare tutti gli studenti nelle classi virtuali. Ora si prosegue così, approcciandosi ad una nuova e strana dimensione nella quale tutti noi ritroveremo chiari i valori importanti.

In questi giorni il mio operato si è concentrato nel tradurre Decreti e Note Ministeriali in indicazioni di lavoro per la Segreteria e i docenti a supporto della didattica a distanza e nel mantenere tutti uniti per essere più forti. Eh sì, anche gli adulti hanno bisogno di questo.

Entrando nell’edificio silenzioso dove si trova il mio ufficio, ho capito che senza le voci dei bambini, il ricevimento dei genitori, dei docenti con i problemi da affrontare e risolvere il mio lavoro perde il significato autentico, quello per cui ho scelto questa professione: dedicarsi alla cura della scuola che dirigo.

Allora un grazie a tutti: genitori, personale ATA, docenti, bambini e ragazzi.

La scuola continua e da queste pagine fa sentire la sua voce.

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I nostri ragazzi

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Pensieri e considerazioni dei ragazzi

in questo periodo di isolamento forzato

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Voglia di scuola

Camila Linares | 3C

Il coronavirus è di sicuro un importantissimo ed enorme problema, ma penso che il primo pensiero passato per la testa di ogni studente d’Italia al momento della comparsa della notizia della quarantena non sia stato “cavolo la situazione ci sta sfuggendo di mano” o “il coronavirus è un’emergenza importantissima a cui dobbiamo far fronte”, ma un urlo di gioia poco trattenuto, per l’imminente mese di vacanza. E bisogna ammetterlo: nessuno disdegnerebbe l’alzarsi tardi la mattina e dedicarsi a ciò che ognuno di noi ama fare, ma che a causa della scuola e delle attività extrascolastiche non riesce mai a portare avanti, come vedere un film o semplicemente avere un po’ di tempo libero per non fare niente e rilassarsi. Infatti all’inizio di questa quarantena io stessa ero felicissima, perché potevo finalmente

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dormire un po’ di più e messaggiare con i miei amici senza che il pensiero e l’ansia per un compito da svolgere o una verifica dietro l’angolo potessero turbare il mio divertimento.  Penso ancora che la quarantena sia una cosa positiva? Assolutamente no! Con il tempo l’aria aperta e il non vedere i miei amici dal vivo hanno cominciato a mancarmi e pian piano ho esaurito tutta la vasta scelta di film e serie che Netflix poteva offrirmi, lasciando spazio a una sensazione che prima di questa quarantena non ho mai provato, cioè la noia. Di sicuro ora non esiterei a rinunciare al riposo per tornare a scuola e ricominciare a vivere la vita frenetica di tutti i giorni. Inoltre quest’anno io e i miei coetanei abbiamo gli esami e, anche nel caso recuperassimo i giorni persi, temo che non riusciremmo ad affrontarli perciò ecco un altro punto a favore per il tornare presto a scuola. Purtroppo solo durante questa quarantena, assillata dalle continue cronache sul coronavirus, ho capito quanto la situazione sia grave. Infatti un problema molto attuale nella nostra società è quello di non preoccuparsi di una situazione critica come questa fino a quando essa non ci colpisce direttamente. Spero che questa situazione si risolva per il meglio e che io possa tornare a scuola il più presto possibile.

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Il coronavirus a casa mia

Fabiana Ambrosio | 1A

Il Immagino il mio centesimo compleanno, seduta sulla mia poltrona, con un’aria stanca, un po’ sorda, un po’ cieca, con attorno tutti i miei nipotini che mi chiedono di raccontargli come ho vissuto al tempo del Coronavirus. Gli racconto che eravamo tutti a casa dicendo ai nostri amici e parenti che sapevamo cosa fare, che era tutto a posto quando in realtà eravamo consapevoli di non sapere cosa fare e che il nostro futuro era lì, sul tavolino, scoperto e non potevamo proteggerlo in nessun modo. Racconterò come tutti noi abbiamo dovuto riorganizzare le nostre vite, come abbiamo superato l’isolamento. Alla fine, però era soltanto un modo per collegarci di più perché eravamo tutti sulla stessa barca, con lo stesso problema, tutti a lottare per la stessa guerra e nessuno era messo meglio di un altro o era più consapevole di come sarebbe andata a finire. 

I professori organizzavano tante teleconferenze per aiutarci con lo studio e grazie anche a classroom avevamo la classe on-line. È stato davvero molto bello perché ci ha dato la possibilità di incontrare i nostri amici che anche se non lo dicevamo

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ci mancavano tanto tutti. Insieme a mia sorella Federica ogni pomeriggio era un bellissimo momento per imparare a fare un nuovo dolce. 

Mamma ci stampava le ricette, noi le realizzavamo da sole e poi ripulivamo quello che avevamo sporcato. La prima volta che ho fatto i dolci con mia sorella in questo periodo se non fosse stato per me avrebbe usato il sale al posto dello zucchero.

È stata anche un’altra  cosa ad unirci tutti un po’ di più: ogni giorno alle 12:00 si usciva fuori al balcone ad applaudire tutti i medici che ci stavano aiutando a risolvere questo problema e che mettevano la vita degli altri al primo posto, poi alle 18:00 si usciva e si cantava e una volta alle 21:00 abbiamo spento le luci della casa e siamo usciti fuori il balcone con le torce dei cellulari accese per mostrare che noi c’eravamo, eravamo lì tutti a sperare per lo stesso finale.

Quando sarò vecchia racconterò questa disavventura ai miei nipotini come oggi il mio bisnonno racconta a me della guerra.

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Coronavirus: incertezze e paure 

Davide Nuonno| 2C

Il Sono qua, nello stesso posto in cui ero un mese fa. Mentre scrivo questo testo mio padre lavora di fianco me. È tutto così strano. Sono sempre con i miei amici, tuttavia posso vederli solo sullo schermo del telefono.

A volte mi sembra che ci sia più vita nel mio cellulare che in quelle strade vuote.

Fuori c’è un’aria diversa, più pulita, mi sembra di essere al mare. C’è un silenzio insolito.

Sulla strada ogni tanto si vede passare una macchina solitaria.

Sono un po’ preoccupato. Mio padre ha fatto molta spesa. Mi sembra di essere in un film. Abbiamo messo un barattolo di amuchina sul mobile dell’ingresso ed ogni volta che qualcuno entra o esce si deve disinfettare. È successo tutto così in fretta. I supermercati si sono svuotati. Inizialmente mi sembrava una piccola vacanza, ma ora… dopo un mese a casa da scuola diventa tutto più monotono.  E poi questo silenzio. È un silenzio assordante. Non sento più il rumore del traffico e il vociare delle persone. Mi fa sentire solo. Meno male che c’è mio fratello. Suono la chitarra, faccio i compiti e mi sento con i miei amici. Fuori c’è il sole e so che quando usciremo da qui lo apprezzerò molto di più. I medici, i ricercatori, sono tutti concentrati ad affrontare il virus. Lavorano senza sosta per trovare la cura contro un nemico invisibile. È una pandemia. Questa parola mi spaventa. Sembra uno di quei termini stile film zombie. Vuol dire che ormai si è diffuso in molti paesi.

Fa paura. La paura si propaga come il virus. Ho paura così come ne hanno tutti, anche se non la mostrano. Accendendo la tv si vedono solo notizie riguardanti il virus. La paura si risolve con la vicinanza, per questo si fanno i flashmob. So che prima o poi tutto questo finirà. Quando succederà sarà tutto come nuovo e saprò molto meglio quanto è bello stare di persona con i miei amici e quanto possa essere luminosa una giornata di sole.

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L’Angolo dei Docenti

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Rubrica contenente pensieri e riflessioni dei docenti che, come gli studenti vivono, questo periodo a dir poco surreale come navi alla deriva, in balia della tempesta di eventi e notizie che si susseguono, di morti, di contagi e di decreti.

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Prof. ing. Marco Tarallo| Tecnologia

Il mondo in questo periodo sta mettendo a nudo tutta la sua fragilità. Tutti soccombono dalle super potenze agli stati più deboli. Un nemico piccolo e letale ha messo in ginocchio un pianeta; le borse che crollano, le industrie si fermano, l’Europa si sgretola, della tanto decantata unità non v’è traccia. Si deve provare a reagire, perché solo e soltanto uniti si può contrastare un male che non conosce confini, lingue e nazioni.

Noi docenti in questo marasma generale, in questo clima di terrore ed incertezza, dobbiamo tentare con metodologie alternative di ridare un minimo di equilibrio almeno ai nostri ragazzi. La tecnologia ci viene in aiuto. Didattiche alternative sono possibili. Coinvolgiamoli, interessiamoli e tentiamo, con la tanto chiacchierata e temuta “didattica a distanza”, di portare la scuola dai ragazzi. Se la montagna non va’ da Maometto…diceva qualcuno, questa, secondo chi scrive, è la strada giusta. Questo momento di grave difficoltà che stanno attraversando tutte le nazioni può essere visto come l’occasione per scrollarsi di dosso metodologie didattiche che non definirei obsolete ma non più tanto in linea con il modo di pensare e le richieste delle muove generazioni, sempre più orientate verso una società più “smart” e sempre più intrisa di contenuti multimediali. Io penserei a questo periodo come una sorta di formazione “obbligatoria” che tornerà utile per gli anni futuri.

Sarò un ottimista o un sognatore però alla fine di questo spiacevole periodo vi saranno parecchi spunti di riflessione su molti settori lavorativi, uno dei quali sicuramente sarà quello dell’insegnamento.

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Le mie riflessioni al tempo del coronavirus

Prof.ssa Maria Lavazzetti | Lettere

Un virus, noto come Covid19 di cui tutti parlano,è entrato prepotentemente nelle nostre vite, nella nostra quotidianità e ha scosso dal profondo le nostre invulnerabili certezze.

Le conseguenze drammatiche che ha determinato sono sotto gli occhi di tutti. Non solo sta provocando un numero impressionante di contagi e, purtroppo, di morti, ma ha alimentato in tutti noi paura, smarrimento e ansia per il futuro.

Seppur con apprensione per le notizie diffuse,“confinata”nella mia casa,in osservanza alla decisioni del Governo,mi sono domandata cosa fosse cambiato tra”il prima” e “il dopo” nel mio modo di vivere.

Stando a una ricerca dell’università del Colorado, ( R. Hanson “Hardwiring happiness”- costruire la felicità),recentemente letta,“la mente umana è portata per sua natura ad alimentare pensieri negativi e più si cerca di arginarli, più si presentano con prepotenza”. Se l’affermazione fosse vera, dovrei sentirmi depressa per il ”bombardamento” giornaliero di notizie non certo rassicuranti, chiusa in questo forzato isolamento da tutti, anche dai miei figli ,che non vivono più con me.

Eppure non è così, ed io stessa me ne stupisco. Percepisco emozioni diverse. Sento, non solo a livello personale, ma collettivo, una forte resilienza e fiducia nell’andare oltre il momento contingente.

Sento di appartenere a una “comunità di individui inscindibili”, come direbbe Norbert Elias, che supera i confini della mia casa e delle mie sicurezze. Capisco intimamente come questo sentirmi parte di una collettività, sentirmi vicina a chi non posso né abbracciare né vedere, susciti in me pensieri positivi di speranza e di riscatto. E tutto ciò genera una forte energia. Il virus mi ha costretto a riflettere sul senso di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura. 

Il mio vivere non è limitato al mio “orticello”, se fosse, diverrebbe sterile, la linfa vitale che lo nutre scaturisce dal      mio

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interagire con gli altri, le sorti di chi mi circonda dipendono dalle mie azioni, ed io dalle loro. So che la mia vita non dipende da me senza fidarmi di qualcuno. Il coronavirus ha riacceso con forza questa certezza: il desiderio di fidarsi e di affidarsi a qualcuno, come nell’insegnamento cristiano.

Concludo riportando un piccolo gesto, raccontatomi pochi giorni fa da una collega.

Un ragazzo giovane, di vent’anni circa, che abita nel suo condominio, ha suonato alla sua porta di casa e, una volta aperta, le ha offerto una fetta di torta di mele da lui preparata, chiedendole se le avesse fatto piacere assaggiarla. Ha suonato a tutte le porte del condominio, offrendo una fetta di torta a ciascuno.

Un gesto semplice e inaspettato, ancor di più se da un ragazzo di vent’anni. Eppure un segno di raffinata sensibilità e gentilezza. Forse sopite o solo nascoste nell’animo, ma risvegliate e ridestate con impeto da un microrganismo acellulare.

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Le mie nuove giornate

Prof.Marco Pallotta | Lettere

Come trascorro la mia giornata? Potrei parlare di orari, di caffè presi, del tavolino della cucina che ho trasformato in una scrivania (da un lato ci sono io con il mio pc ed i miei libri, dall’altro c’è mia moglie con il suo), del pensiero che va alla mia famiglia in Molise, a mio fratello in Germania e all’altro in Costa d’Avorio. Ma bisogna essere positivi, d’altronde, cos’è la distanza se non un’occasione che ci spingerà a riflettere, ad amarci più di prima? Come quando si perde qualcosa di caro, la si rivuole con più forza ancora. Credo però che agli occhi di molti la narrazione della mia giornata parrebbe noiosa e allora mi limiterò a parlarvi dei suoi lati positivi. Ho una grandissima fortuna, poter svolgere il lavoro da casa, e allora, come sempre, cerco di compierlo al meglio. So che nel mio piccolo contribuisco all’educazione scolastica dei miei studenti. I miei pensieri, che si susseguono uno dietro l’altro, tornano sempre a loro: – Chissà se questa video lezione sarà abbastanza chiara?  – Qui in questo punto sicuramente R____ mi avrebbe fatto una domanda, invece G___ avrebbe capito, come sempre, al volo-. Poi penso, – qui un altro mio alunno avrebbe fatto sicuramente una battuta simpaticissima-. Infine, mi accorgo che tutto questo però mi manca e, allora, cerco di non essere troppo pesante con la lezione che darò. Vorrei trasmettere maggiore sicurezza, vorrei capissero che il nostro obiettivo è quello di essere loro vicini, spiegando che tutti siamo chiamati, più che mai, al nostro dovere. Ed è questa la nostra forza, compiere il nostro dovere. I medici e gli infermieri corrono a soccorrere i pazienti, gli autotrasportatori a far viaggiare le merci, i commessi a venderle e gli operai a produrle. Tutti contribuiscono, no? Ma mentre scrivo tutto questo, mi viene da pensare un’altra cosa, magari a questo punto, qualche studente meno attento, con lo sguardo un po’ annoiato, potrebbe chiedere: “Sì, prof. il tuo ruolo, il dovere, queste cose le ho capite, ma qual è il mio?”. Il tuo è leggere un libro, guardare un film, disegnare un pensiero, misurare gli angoli con un goniometro, chattare con un amico. 

E non pensare che il tuo contributo non sia tangibile, ma è la tua forza. Ti assicuro che in questo modo farai la differenza, contribuendo oggi al mondo che verrà domani. Esso sarà edificato sulle vostre spalle e voi le avrete resistenti perché temprate da un evento straordinario come questo. Adesso però devo concludere, come sempre parlo (scrivo) troppo. Tutto questo pensiero riguardo al nostro dovere, forse mi è derivato da un libro che sto leggendo (vedete a cosa servono i libri ragazzi? Fanno pensare). Vorrei citarvi alcune parole, scritte da un notissimo autore: Antoine de Saint-Exupéry, conosciuto da grandi e piccini per il suo famosissimo libro “Il piccolo principe”. Queste sono tratte però da un altro volume (quello che mi ha fatto pensare). Un libro che parla di guerra. Lui l’ha combattuta con la divisa di un “Pilota di guerra”.

 

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Nel dilagarsi dell’evento bellico, l’autore perde la bussola della sua vita, ma la ritrova nello svolgere il suo dovere: combattere per la libertà. In questa difficile situazione, proprio come noi, recupera l’amore per la vita e per le piccole cose che riempiono la giornata.

«Ora ecco che il tempo ha smesso di correre a vuoto. […] L’avvenire non mi ossessiona più al modo di un’apparizione estranea. I miei atti, ormai l’uno dopo l’altro, lo compongono […] sono preoccupazioni immediate e sane. Sono le preoccupazioni della casa, i piccoli doveri della giornata, che tolgono il senso dell’invecchiare. La giornata diviene una casa ben lustrata, una tavola ben levigata […]».

La mia giornata, invece, diviene una lezione per i miei studenti. Ecco come trascorro il mio tempo. 

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Considerazioni…da cani in quarantena

Sonny | cane della Prof.ssa Valeria Caprotti

Buongiorno a tutti, sono Sonny, il cane della prof.

Vi sto scrivendo per questo breve intervento nel vostro spazio web umano perché vorrei dirvi, in poche parole – alla fine sono un cane – come la mia padrona stia vivendo queste strane settimane e…come le sto vivendo anche io di riflesso. Da una parte, devo ammettere, sono contento: la mia padrona, il mio padrone e i miei padroncini, fino a poco tempo fa, erano più fuori che in casa, sempre frenetici e sempre di corsa, dentro e fuori…ma come ho detto, più fuori che dentro. Non mi hanno mai fatto mancare il loro amore, però, ve lo devo dire, ora che sono sempre in casa e stanno tanto con me, a me piace. D’altra parte, tuttavia, so che sono preoccupati. Sento la mia padrona parlare al telefono con altre persone e le cose che dice non sono sempre rassicuranti. Gli umani hanno un grosso problema, un’epidemia che li costringe a stare blindati in casa e che causa tantissimi malati e anche tantissime vittime. Il mio padrone è più ottimista, però anche lui dice che la situazione è seria. I padroncini giocano, invece, spensierati, come è giusto che sia, sono bambini. Anche loro sanno come stanno le cose, però la preoccupazione degli adulti ancora, per fortuna, a quell’età, non li tocca. E quindi? Che dire? Non sono più così contento che siano a casa perché uscire è pericoloso per loro. Cosa vorrei allora? Allora…allora…vorrei che tutto questo finisse in fretta, senza lasciare dietro nulla se non un solo un brutto ricordo e…magari…se posso esprimere la mia opinione e i miei desideri…un piccolo cambiamento negli stili di vita di questi umani che sono la mia famiglia, e la famiglia di tanti altri cani come me…tenetevi solo il buono di questo momento di crisi…rallentate, state di più a casa, compatibilmente, lo so, con il vostro lavoro e i vostri impegni, però…magari un po’ meno stressati, un po’ meno di fretta, un po’ meno proiettati solo fuori e un po’ più attratti dal dentro, dalla casa, dove, senza egoismo, sia chiaro, ci sono io…anzi – vedete che non penso solo a me  – c’è tutta la famiglia, ci sono i parenti, gli amici umani, gli amici a quattro a zampe…alla fine so che anche la mia padrona lo pensa…ieri sentivo una bella canzone dal suo telefono e diceva tante volte qualcosa come “such a rush to do nothing at all”…e allora, parola di cane, riscoprite ora e fatene tesoro dopo di tutto quello che la vostra “cuccia” vi offre!

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…ed i genitori?

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Covid19:l’utilizzo delle tecnologie

Arch. Cristina D’Amelio

Ogni esperienza, anche la peggiore, è utile se ci insegna qualcosa. Tra qualche tempo, quando tutto questo sarà finito inizieranno i dibattiti sulle responsabilità, le cose da cambiare, le riforme da fare ma noi tutti potremo riflettere su come la grande pandemia, partita dalla Cina e arrivata in ogni angolo di mondo, ha inciso sulle nostre vite.

Innanzitutto abbiamo imparato che calpestiamo tutti la stessa terra e viviamo tutti sotto lo stesso cielo. Nessun luogo è lontano. Non esistono confini, né muri che possano proteggerci. Le battaglie si vincono solo se si resta uniti, se si rema tutti nella stessa direzione come un unico grande popolo, il popolo umano. I rancori e le vendette non portano da nessuna parte e chi è stato discriminato è partito per primo per venire in nostro aiuto. La generosità e la solidarietà sono il motore d’emergenza delle nostre società.

Ma un’altra cosa su cui dovremmo riflettere è l’utilizzo dei nuovi sistemi di comunicazione. Oggi ogni pc, tablet o smartphone è una finestra sul mondo, quasi sempre demonizzato, ancor più spesso scioccamente sottoutilizzato.

Abbiamo finalmente l’occasione di sfruttare le nuove tecnologie in mille modi diversi.

Il nostro cellulare serve, come sempre, a mantenerci in contatto con il mondo e in questo momento di isolamento fa sì che nessuno resti solo, nonni che aiutano i nipoti in lunghe videochiamate, amici che si fanno compagnia, parenti lontani che attraverso una foto, un messaggio, partecipano alla vita dei loro cari. Ma fa anche altro.

Sicuramente la scuola si è salvata grazie al loro utilizzo. I professori inviano filmati, presentazioni, fanno lezioni in videoconferenza, fanno sì che il tessuto di relazioni della scuola non si disfi, che i ragazzi sentano di appartenere ad una comunità, tutta loro, nella quale sono protagonisti e nella quale vengono ascoltati, accompagnati, guidati e nella quale continuano ad imparare anche stando a casa.

Ma il cellulare, il tablet sono anche altro, tra le mani stringiamo tutto il sapere e la bellezza del mondo che possiamo vedere anche stando a casa. Oggi più che mai. L’emergenza ha spinto enti e organizzazioni culturali ad aprire i loro archivi, mostrare liberamente il loro materiale. È l’esaltazione del libero sapere. Oggi tutti quelli che dispongono di una connessione ad internet, anche se hanno poche risorse economiche, anche se hanno poco tempo, possono riempire i propri occhi con tutta la bellezza del mondo. Si possono visitare musei, assistere ad opere liriche o a lezioni di scienze, ascoltare audiolibri, vedere film o anche solo partecipare ad una lezione di yoga. Il mondo è nelle nostre mani, la bellezza e la cultura sono a nostra disposizione. Non perdiamo questa occasione.

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Come in un film

Mamma Speranza alias per mamma di Davide Vernioli

La sensazione ricorrente è che stiamo vivendo una situazione surreale, “come in un film” dice mio figlio. La sensazione iniziale di incredulità si è via via trasformata in ansia e preoccupazione. Preoccupazione per i propri cari, anziani ed immunodepressi e preoccupazione per tutti noi. Angoscia per chi ci cura. E rabbia per tutti quelli che non vogliono capire che si tratta di una cosa seria, per la superficialità che dimostriamo anche in questa occasione per poi non capire come mai i nostri figli crescano immaturi, se i primi ad esserlo siamo noi. Ma un altro aspetto innegabile è che stiamo tutti insieme a tavola come non succedeva da tanto, e possiamo PARLARE. E stiamo riscoprendo cosa vuol dire stare uniti e STARE A CASA.

La primavera sta arrivando e TUTTO ANDRÀ BENE.

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Prof. ing. Marco Tarallo| Tecnologia

In una comunità, quale è la scuola conta l’opinione di tutti. Per questo motivo in questa sezione del quindicinale sono contenuti i pensieri dei genitori.

Anche loro rivestono un ruolo importante nel percorso educativo e formativo dei ragazzi e sono l’anello di congiunzione tra la dimensione scuola e quella della famiglia. La scuola non può operare da sola, occorre un impegno comune tra scuola e genitori, quanto più possibile coordinato.

È un requisito fondamentale per garantire la continuità educativa, che va realizzata, non solo in verticale, ovvero nella successione delle scuole, ma anche in orizzontale, prima tra i diversi docenti e, poi, tra la scuola e la famiglia, tra la scuola e le altre agenzie formative. Un meccanismo che, per funzionare correttamente, deve muoversi all’unisono.

In questo momento, in questa nuova dimensione in cui senza volerlo siamo stati catapultati, è importante “sentire” la loro presenza anche attraverso questa rubrica. È necessario tastare anche il loro polso, sentire e valutare anche le loro impressioni. Insieme, con il contributo di tutti, si può percorrere questo nuovo sentiero e riuscire a cogliere spunti e suggerimenti da utilizzare anche in tempi migliori. 

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La scuola al tempo del covid-19: riflessioni di un genitore

Maria Vincenza Silvestri

Cari ragazzi non vi parlerò di coronavirus per quello che è: notiziari televisivi e internet lo fanno in continuazione fornendovi molte più informazioni di quelle che potrei darvi io. Voglio solo condividere con voi qualche considerazione sugli effetti veramente dirompenti che il virus, quasi fulmine a ciel sereno, ha scaricato sulle nostre esistenze sconvolgendone drammaticamente la routine: la mia nella doppia veste di insegnante e di madre, la vostra di studenti, responsabili sì, ma pur sempre spensierati come giustamente si conviene alla stagione dell’esistenza che state percorrendo. Non più traumatici cicalini di sveglia al mattino, quando gli occhi proprio non vorrebbero aprirsi, non più affannose pulizie personali e colazioni con l’occhio all’orologio, non più corse per rispettare gli orari di entrata a scuola. In questo, se la drammaticità del momento consentisse di poter essere faceti, potremmo anche vedere un aspetto positivo ma non è il caso. Aspetto positivo però, possiamo rilevarlo nella sua collocazione nel tempo; pensiamo se solo tutto questo si fosse verificato un quarto di secolo prima, quando la diffusione della tecnologia era ai primordi: adesso le scuole chiuse non avranno l’effetto devastante che avrebbero avuto allora; adesso computer, tablet e smartphone consentono messaggi, videolezioni, registri elettronici e lo svolgimento dei programmi va avanti con profitto. Questo aspetto mette un bel po’ in crisi il contrasto sempre presente tra genitori e ragazzi per l’uso della tecnologia: questi ultimi lo vorrebbero continuo e ininterrotto per videogiochi, messaggi e contatti con gli amici, mentre i primi lo vorrebbero limitato. Dopo queste digressioni tecnologiche, tornando al coronavirus, rispettiamo tutti con impegno i provvedimenti adottati dalle autorità e “andrà tutto bene” nel senso che ne usciremo più maturi e più forti.

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Don Milani NEWS

Quindicinale a cura dell’I.C. Don Lorenzo Milani – Monza

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